venerdì 24 ottobre 2014

27. SI CONCLUDE LA FASE DIOCESANA DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

24 ottobre 2014. - In tale data la Congregazione delle Cause dei Santi ha emesso il Decreto di Validità sulla Inchiesta diocesana di beatificazione del Servo di Dio Antonio Lombardi. Ora si passa alla costruzione della Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis (la tesi che dovrà essere discussa dai teologi e dal Congresso dei cardinali e Vescovi per la proclamazione della venerabilità, ossia la dichiarazione da parte del Papa delle virtù eroiche).

6 ottobre 2013. Giorno della Dedicazione della Cattedrale di Catanzaro. Solennità di San Bruno. Vent’anni fa come ieri, nel 1993, l’arcivescovo Antonio Cantisani, oggi emerito, apriva il primo sinodo dell’arcidiocesi di Catanzaro- Squillace. Quattordici anni orsono, nel 1999, sempre il 6 ottobre, maturava uno dei frutti del sinodo: l’avvio del processo di canonizzazione del Servo di Dio Antonio Lombardi (Catanzaro, 1898-1950). E proprio ieri in Cattedrale, in una data quindi ricca di significati, la conclusione della sua fase diocesana. Passano così al vaglio di Roma le “carte” –più di tremila pagine di documentazione, senza contare le pubblicazioni- del filosofo santo Antonio Lombardi, le cui spoglie mortali riposano nel Duomo. Il momento è tra i più emozionanti e solenni. Padre Pasquale Pitari, promotore di giustizia del tribunale ecclesiastico, illustra l’iter processuale della causa, definendo Lombardi come un “uomo sensibile conquistato da Dio”. La vita e le opere del Servo di Dio sono invece esposte dal postulatore don Franco Isabello.
Ma non è soltanto la chiusura del processo di canonizzazione. Quella di ieri è una giornata davvero importante per la comunità ecclesiale. Con la celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo metropolita Vincenzo Bertolone e aperta dai saluti del vicario generale Mons. Raffaele Facciolo, si inaugura il nuovo anno diocesano; viene così consegnata ai fedeli la Lettera pastorale sul grande tema della “misericordia”. Nell’occasione anche il conferimento dei ministeri del lettorato a Fabio Pullano e dell’accolitato a Diego Menniti, Rosario Greto, Valentino Cubello e Antonio Gatto: un passo importante per questi giovani seminaristi che si preparano a diventare sacerdoti. E non sembri priva di significato neanche la coincidenza della solennità di San Bruno: proprio quest’anno i monaci certosini ricordano i cinquecento anni dal ritorno a Serra, un evento che la curia diocesana sta già programmando di onorare degnamente.
“Dobbiamo tutti noi riflettere –afferma l’arcivescovo Bertolone durante l’omelia - sulla fede celebrata e vissuta. Gli occhi della fede portano allo sguardo di Dio. E difatti ci sono le orme di Dio sulla sabbia del tempo, tra la storia degli uomini. La fede è una forza inarrestabile, capace di sradicare ciò che è radicato”. L’arcivescovo sottolinea ancora come la fede sia una “conquista”. “In materia di fede –dice- il grande regista è Dio. La fede ci offre il senso del cammino e lo illumina. Bisogna sempre stare attenti a non umanizzare Dio e divinizzare l’uomo. La nostra fede si concretizza nell’amore”. “La fede –conclude- è la parte essenziale della nostra vita. A Dio non possiamo dare le briciole”.
Luigi Mariano Guzzo
Il Quotidiano della Calabria – 6 ottobre 2013


FILMATO DELLA CONCLUSIONE DELL'INCHIESTA DIOCESANA (cliccare)



 









(CLICCARE sotto sull'articolo per leggere)
L'incontro è stato tenuto il 5 ottobre 2013 - Articolo in Gazzetta del Sud, 8 ottobre, p. 28.

mercoledì 16 ottobre 2013

17. LETTERA DI ANTONIO LOMBARDI A DON PAOLO AIELLO



Lettera inviata a Don Paolo Ajello per dirimere alcuni dubbi.

Catanzaro, 2 novembre 1945
Mio carissimo,
è impossibile che chi cerca la verità non la raggiunga. Se la cerca, vuol dire che l’ama, e se l’ama già la possiede in qualche modo. Ma la verità è Dio. Se togli Dio, io non vedo quale altra verità ti resti. Non mi pare che la materia possa essere verità per se stessa, verità che basti a se stessa. Del resto, se anche a te, da quel che tu stesso mi scrivi, pare che possa essere detto con ragione che l’esistenza della materia debba esser preceduta dall’esistenza di un essere che sia essenzialmente pensiero, come faresti poi ad essere materialista e d’altronde, se tu trovi difficoltà di ammettere l’unione dell’anima col corpo, perché, d’altra parte, la soluzione materialistica di quella difficoltà dovrebbe essere contro Dio? Tu puoi per tuo conto risolvere materialisticamente la questione, e credere nondimeno in un Dio creatore della materia. E quando poi avrai creduto in Dio, come forse credi, allora ti sarà facile intendere che la potenza di Dio è sempre superiore alla nostra possibilità di comprendere, e non ti lascerai fuorviare da nessuna difficoltà. E ti pare giusto che noi dobbiamo negare Dio per qualunque intoppo incontriamo nel nostro cammino? Ciò significherebbe che noi stessi ci reputiamo infallibili e divini, e che sia vero solo quello che ci par comprensibile, e falso tutto quello che noi non comprendiamo. Ma quante cose ci sono sembrate contraddittorie e poi abbiamo viste essere del tutto logiche e conseguenti? Noi non possiamo presumere di giudicare la verità che in un solo modo, vale a dire: siccome è ovvio che la nostra mente può sempre cadere in errore, così è evidente che essa non si può erigere a giudice supremo di verità ma deve credere in una verità suprema e al di sopra di lei.
     Passiamo ora alla difficoltà che mi proponi. La tua considerazione più generale è che “lo spirito deve avere in comune con il cervello qualche quid che lo imparenta (lo rende simile) a quest'ultimo”. Altrimenti, secondo te, “il contatto delle parti non si può spiegare”. Io ritengo che nessuna persona veramente saggia abbia mai potuto negare che tra lo spirito e il corpo vi debba essere una qualche somiglianza. Non solo nella natura corporea noi osserviamo che le cose non sono mai del tutto dissimili, ma dobbiamo convenire che anche tra una natura divina e quella del mondo sarebbe addirittura stolto non concepire una qualche somiglianza. Dio è un essere completo, infinito, che ha nella sua unità tutte le possibilità dell'essere; l'essere corporeo, invece, è finito, limitato, manchevole. Nondimeno l'uno e l'altro sono essere. Ed è appunto che Dio possiede nella sua natura la completezza dell'essere, che Egli può essere il Creatore di ogni ente.
     In quanto poi alla somiglianza, anch’essa necessaria, tra lo spirito e il corpo, ti ricorderò, giacché tu stesso ti richiami al mio libro, quello che io scrivevo nella Critica delle Metafisiche: “In ogni corpo noi apprendiamo una qualche somiglianza con lo spirito, poiché, quando diciamo spirito, intendiamo questo almeno: che esso è, e che quindi si oppone come il corpo a ciò che è (pag. 71). Infatti, se lo spirito, nella ipotesi, è qualche cosa, deve pure affermarsi in quello che è, nel suo essere, nella sua sostanza, nella sua potenza, nella sua attività, e in questa sua affermazione deve certo assomigliarsi al corpo, che anch'esso si afferma in ciò che è e in ciò che possiede. Se in qualche luogo io faccio valere la dissomiglianza dello spirito dalla materia, ciò viene fatto contro coloro che dello spirito e della materia vorrebbero che si facesse addirittura una medesima cosa; come chi volesse dire che il cane e il gatto, solo perché sono simili per essere entrambi animali o mammiferi, fanno anche una medesima specie: il che è falso. Tu vedi dunque l'armonia mirabile dell'universo, dove nell'infinita verità delle cose, è nondimeno una fondamentale somiglianza, derivata da quel primo principio che è suprema unità di tutte le cose. Non v’ha forse maggiore inganno nella filosofia che voler separato del tutto il mondo corporeo da quello spirituale, la creatura dal suo creatore, relegando in un'assoluta estraneità la fonte stessa di ogni vita e di ogni esistenza. Ricorderai le parole dell'Apostolo, che in Dio noi viviamo, ci muoviamo e siamo. I grandi mistici della Chiesa, che sentirono il legame d'amore che corre tra loro e Dio, compresero, e sperimentarono anzi, quest'armonia dell'esistenza.
     In riguardo all'essere, l’armonia consiste in quella gradazione che da essere infinito completo, pieno, discende per le creature spirituali sino all'essere infimo della materia. Donde avviene anche che le creature che hanno più di essere, tanto maggiormente possono operare sulle altre. Soprattutto Dio, che possiede la pienezza dell'essere, può operare universalmente e direttamente su tutte le creature.
     Da queste considerazioni generali possiamo ora passare a quelle più particolari. Tu scrivi: “Io vorrei che mi spiegaste come due nature o enti così eterogenei quali l'intelletto o spirito e la materia possano essere uniti e venire a contatto”. E tu intendi evidentemente l'unione dell'anima spirituale con il corpo nell'umana natura. Tu sai che nella seconda metà del secolo scorso, in connessione con la dottrina dell’evoluzionismo, fu molto dibattuta la questione se la vita fosse sorta per l'evoluzione della materia, ovvero fosse una creazione speciale nella natura. Ora non c'è proprio da adombrarsi, anche se alcuni spiritualisti non abbiano saputo riguardare la cosa imparzialmente, nell'ipotesi che fa sorgere la vita dalla materia. Gli scrittori della chiesa hanno sempre ritenuto “come possibile il nascere di organismi reputati infimi e imperfetti dagli elementi della natura” (Critica delle metafisiche, 334). La difficoltà esiste esclusivamente nel campo scientifico, in quanto non si è potuto ancora accertare il sorgere della vita dalla materia. Dopo i magnifici esperimenti di Pasteur, non si è potuto ancora sperimentalmente contraddire a quella specie di legge, che è il vivente nascere dal vivente. Se da qualunque materia si possa sviluppare la vita, ignoro se sia vero; però è certo in ogni caso che la vita e la materia si possano perfettamente congiungere.
     Come vedi, la vita non inerisce solo a Dio, né solo alle creature spirituali, ma inerisce anche alla materia: la vita con le sue operazioni non può certo esistere senza un oggetto cui inerisca. Ma questo soggetto può ben essere un ente materiale. E qui noi possiamo contemplare il caso che ci riguarda da vicino. Nell'ipotesi di una sostanza spirituale, cui naturalmente inerisce la vita, che difficoltà c’è ad ammettere che, in determinate condizioni, quella sostanza possa, per mezzo del suo principio vitale, congiungersi alla materia? Nella Critica scrivevo: “Coloro a cui parve impossibile che l'anima potesse essere la forma sostanziale del corpo, non considerarono che ogni spirito è anima, è innanzitutto vita” (pag.208). È in tal modo che noi diciamo che l'anima intellettuale si unisce alla materia dell'uomo e lo informa; potendo tuttavia sopravvivere alla dissoluzione del corpo, in quanto ha una natura propria, se la vita si può partecipare alla materia, perché dunque una sostanza spirituale, e però vivente, non potrebbe essere principio di vita nella materia? E credi tu che nell'ipotesi materialistica si possa veramente spiegare l'intelletto e la vita come una estrinsecazione del cervello o della materia? Tutta la materia è essenzialmente vivente, e allora la vita non viene dalla materia, perché è stata primieramente insieme con essa; ovvero non tutta la materia è essenzialmente vivente, e neanche allora la vita può sorgere dalla materia in quanto materia, ma, in quanto nella materia, o in alcune materie, v’è un principio e una disposizione alla vita. E a tal proposito scrivevo: “E’ necessario infatti che vi siano degli agenti o principi attivi, senza di che la vita rimarrebbe in eterno allo stato virtuale; d'altra parte è necessaria una disposizione o potenzialità della materia, senza di che i principi attivi non potrebbero nulla operare” (ibid. 334).
     E in quanto alla conoscenza dell'intelletto in particolare, essa non è che quale estrinsecazione del cervello; non si può spiegare neppure quale conoscenza sensitiva. “Le varie teorie associazionistiche”, scrivevo ancora nella Critica, “fisiologiche e fisiopsichiche, non possono mai costruire sui sensi la coscienza intellettuale, poiché tutte le impressioni, le tracce, le influenze, le relazioni e le correnti che le sensazioni determinano sui centri nervosi, sulle fibre o sulle cellule non sempre individuate nella materia, non valgono mai a suscitare quel tipo universale delle forme, che non è sensibile, ma intellettuale ed astratto (342)”.
     A me pare che definire l'intelletto una estrinsecazione del cervello, o la vita una estrinsecazione della materia, sia piuttosto un voler chiudere gli occhi sulle difficoltà, che un superarle. Il pensiero e la vita, le stesse elementari sensazioni, anche se noi le diciamo una estrinsecazione della materia, restano però di fatto una cosa ben diversa dalla materia. Il sentire e il pensare sono forse materia? Anche se congiunti in qualche modo dalla materia? La sensazione e il pensiero sono cose talmente nuove rispetto alla materia e alle sue modificazioni, che essi non si possono spiegare se non con una potenza primigenia, alla quale si riferiscano in egual modo e l'esistenza della materia e quella della vita che alla materia è congiunta. La vita può sì essere congiunta alla materia e in tal modo può dirsi che la materia può avere in sé la vita; ma la possiede, senza che però valga a giustificarla a quel modo che noi possediamo il nostro corpo e, nondimeno non da noi l'abbiamo fatto, adesso ci sta innanzi quasi a noi straniero.
     D'altronde, tali considerazioni sull'impossibilità della dottrina materialistica di spiegare questo ed altro, non vengono soltanto da noi, se proprio colui che, nella seconda metà del secolo scorso, parve maggiormente dominare il campo delle scienze positive ed evoluzionistiche, vale a dire lo Spencer, credette di cominciare la sua opera con una parte dedicata a L'inconoscibile, dove appunto viene dimostrato che il materialismo non può risolvere i massimi problemi della filosofia. Questa parte dello Spencer è ancora assai interessante, ed è, si può dire, la sola cosa di lui che sia rimasta viva. Il mistero della vita e del pensiero non si può risolvere che in Dio, il quale, essendo per essenza vita e pensiero, ha potuto comunicare alle cose l'essere e la vita e il pensiero. All'ipotesi che affacci della possibilità che lo spirito sia un’estrinsecazione del cervello, tu aggiungi: “altrimenti come si spiegherebbero gli effetti che, per esempio, la tiroidina ha sul cervello di potenziarne o meno le sue facoltà”?
     Per conto mio, ritengo che nulla è nell'intelletto che prima non sia nei sensi, e che pertanto l'intelletto non possa giudicare se non in riferimento alla conoscenza sensibile, ai dati che i sensi gli offrono. Dal che si vede che la capacità di comprendere non dipende solo dalla potenza in sé dell’intelletto, ma anche dalla materia del giudizio secondo che sia poco o molta, buona o cattiva. Così il medesimo ingegno, incapace a risolvere un determinato problema in base a determinati elementi, saprà poi  risolverlo agevolmente ove abbia alcuni elementi di giudizio, o siano rimossi, fra i primi elementi, quelli che eventualmente fossero stati cagione di errore e falsità nel giudizio. In tal modo tutto ciò che può mutare la conoscenza sensitiva, mutando la forma e la vivacità delle immagini e delle sensazioni, può mutare anche la conoscenza intellettuale, sì che il giudizio dell'intelletto può venir falsato rispetto alla verità, che le cose erano nate ad avere in ordine all'intelletto.
     Non aggiungo altro, che già la lettera è troppo lunga. Ma vorrei che tu ti persuadessi che tutte le ragioni dell'uomo sono deboli, e che questa è la principale ragione per cui egli debba credere in Dio. Credi tu di essere sicuro delle tue ragioni? La filosofia non ha ancora potuto progredire rispetto alle parole di Socrate: “Questo solo io so, di nulla sapere", e in questo sapere c'è Dio. Ti abbraccio.

sabato 4 maggio 2013

26. LA PERSONALITÀ E LA SPIRITUALITÀ DEL SERVO DI DIO ANTONIO LOMBARDI




FILM: Ricordo del Servo di Dio a TeleradioPadrePio il 5 giugno 2013 (cliccare)


di Padre Pasquale Pitari



La figura del Servo di Dio, alla fine della lettura della sua corrispondenza, delle sue agende, delle testimonianze di rimpianto dei suoi conoscenti per la sua morte e degli altri scritti, appare in tutta la sua evidenza, sia spirituale e sia squisitamente umana. Le “carte”, da noi raccolte,  fanno emergere l’intensità dei rapporti che il Servo di Dio ebbe con la sua famiglia, con la società, con la Chiesa, e soprattutto con i poveri. Esse ci introducono nella sua intimità e nelle sue motivazioni più profonde, segnate particolarmente dalla fede.

1.       La personalità

Per poter delineare la personalità del Servo di Dio non possiamo evitare di scorrere, anche se a larghe linee, la sua vita e la sua attività per scorgere in essa i caratteri salienti del suo agire, del suo pensare e del suo comportarsi. Diciamo allora qualche nota biografica.

Profilo biografico

Il padre Nicola e la mamma Domenica Lombardi
Antonio Lombardi nacque a Catanzaro il 13 dicembre 1898. All’anagrafe civile fu registrato il 15 dicembre. Di famiglia borghese, fu il terzogenito figlio di Nicola Lombardi.
Il padre fu avvocato illustre, uomo politico, più volte parlamentare e membro di governo in epoca precedente e successiva all'era fascista. La formazione spirituale e culturale del padre era segnata dalle idee radicali-socialiste, di matrice massonica. Nondimeno, il suo animo era sensibilissimo, sia nei confronti della famiglia e sia nei confronti dei poveri e degli ultimi, che accoglieva in casa e li serviva di persona, dando loro anche un pasto caldo.
La madre, Domenica Lombardi, dedita alla casa e ai figli, profondamente religiosa, fu una moglie fedele e una guida sicura e attenta per i suoi figli, Vincenzo, Adelaide, Antonio e Anna.
Completati gli studi ginnasiali e liceali nella città di Catanzaro presso il liceo classico Pasquale Galluppi, nel 1917 Antonio si trasferì a Roma per studiare giurisprudenza, disciplina in cui si laureò, anche se la sua passione fu sempre per le materie letterarie e filosofiche. Era bravo anche in matematica. Appassionato lettore, si dedicò subito più allo studio e all'approfondimento del pensiero filosofico che all'esercizio della professione forense, soprattutto in seguito all'esperienza della malattia, che lo afflisse dal 1927 al 1929 e che segnò profondamente la sua vita. In questo periodo della malattia il Lombardi maturò la conversione al cattolicesimo. Il suo ambiente famigliare era percorso da correnti contrastanti: il padre apparteneva alla massoneria, mentre la madre e le sorelle avevano un forte sentimento religioso.
Tomba di Teresa Mussari
Proprio la testimonianza di vita pia e devota della madre Domenica e delle sorelle Adelaide e Anna, nonché la morte di Teresa Mussari, la ragazza che amava, avvenuta il 14 dicembre 1929, anch’essa profondamente religiosa, contribuì non poco a stimolare e motivare la sua scelta di fede cattolica, dopo un lungo percorso culturale nel pensiero orientale indiano e cinese.
Dal 2 gennaio 1930 al 22 gennaio 1934, il Lombardi scrisse un insieme di riflessioni speculative, datate e senza apparente ordine logico, che noi abbiamo denominato, considerando il contenuto, “Il materialismo, l’evoluzionismo, le religioni. L’opera di circa 570 pagine dattilografate da Antonio Lombardi è, in sintesi, una dissertazione sul tema di Dio, l’oggetto principale di tutta la sua ricerca, condotta attraverso la disamina di tutte le problematiche che lo riguardano e che erano agitate in un modo a volte virulento nel suo tempo.
Teresa Mussari con la madre e il fratello
Le sue capacità speculative e uno studio instancabile lo portarono a pubblicare, presso l'editore Bardi di Roma, due volumi: La critica delle metafisiche nel 1940 e La filosofia di Benedetto Croce nel 1946. Entrambe le opere, se le guardiamo dal punto di vista dell'impegno profuso, soprattutto tenendo conto della mole di materiale presente nel Fondo Lombardi, riconducibile alla preparazione di questi scritti, sono da considerarsi dei veri e propri monumenti di speculazione filosofica.
La critica delle metafisiche ebbe un largo seguito di apprezzamenti, testimoniati nelle numerose lettere conservate, trascritte in questa Relazione storica (gli originali sono scansionati nel DVD, Cartella 8, faldone 6). La corrispondenza mostra come Lombardi fu al centro di una serie di profonde relazioni con i protagonisti della cultura filosofica della prima metà del ‘900. Tra questi corrispondenti ricordiamo solo Padre Agostino Gemelli, Carmelo Ottaviano, Nicola Petruzzellis, Padre Ernesto Bohem, l’orientalista Giusepe Tucci, e infine i catanzaresi Antonio Anile e Vito Giuseppe Galati. In un panorama siffatto, egli fu pensatore originale e studioso di grande respiro; interpretò la sua azione come una missione, tentando di vivere intensamente il suo essere cattolico per gli altri, attraverso la trasmissione agli uomini del suo tempo della sapienza della cultura. S’impegnò alacremente nello studio della divulgazione del pensiero cristiano, contrapposto alle idee materialiste da una parte e all'idealismo crociano dall'altra. Fu, a tal scopo, collaboratore di prestigiose riviste filosofiche, come “Sophia”, “Rivista di filosofia neo-scolastica”, “Noesis”, “Asiatica”, “Studium”, “Rassegna di scienze filosofiche”: in esse intervenne con pregevolissimi articoli. Seppe trovare nello studio delle religioni orientali e del buddismo conferme del bisogno fondamentale di trascendenza dell'uomo e la risposta del cristianesimo a questa necessità. Il suo impegno di studioso cattolico si andò conciliando con due altri aspetti centrali della sua esistenza.
Il primo riguarda l'esigenza di comunicare agli altri, soprattutto ai giovani, la bellezza di una fede pensata e aperta al dialogo col mondo della cultura, della politica, del sociale e della Chiesa. E’ in questo senso esemplare la corrispondenza con l'allora giovane seminarista Paolo Aiello, e quella con Giovanni Mora, giovane studioso di filosofia residente a Varese che contattò il nostro a proposito de La critica e che manterrà una fitta corrispondenza con il Servo di Dio fino alla sua morte. A entrambi Lombardi elargiva consigli filosofici e spirituali nel corso degli anni della loro formazione e Don Paolo in una lettera così si esprimeva: “Ci si è incontrati in un momento della vita: momento che mi ha schiuso una profonda spiritualità, radicata nella luce del vero, nello splendore di certezze acquisite[1]”. Questa opera di comunicazione della fede si allargò poi al pubblico più vasto che seguì le numerose conferenze che Lombardi tenne frequentemente e in diversi ambiti disciplinari, nelle varie occasioni che si presentavano nel contesto cittadino e regionale. Esemplificativo a tal proposito è il percorso, di cui restano ampie testimonianze, che fu proposto agli uomini di Azione Cattolica in collaborazione con Don Domenico Vero[2].
Il secondo aspetto riguarda quello dell'impegno sociale e politico. Pur essendo vissuto in casa di un padre coinvolto in prima persona nell'agone politico, Antonio non volle seguirne l'esempio; egli decise di non candidarsi mai né in ambito locale e men che meno in ambito nazionale. Visse il suo impegno dedicandosi a un lavoro che incidesse in profondità nelle persone e creasse le premesse per la formazione di una coscienza politica nuova. Tra le altre iniziative volte a questo scopo collaborò nel secondo dopoguerra alla nascita della rivista l’Idea cristiana, la prima rivista calabrese di impegno politico dei cattolici a Catanzaro. Quasi a coronamento della sua attività nell'aprile del 1949 si fece promotore insieme ad altri 13 amici di un circolo di cultura denominato Studium che si proponeva di “riportare nei giovani l'amore della cultura, perché  apprendano il sentimento nobile della vita; di dare principio e incremento a tutte le altre opere culturali, che potranno venire connesse con esso istituto; di stabilire con esso la prima pietra di un grande edificio sociale, per contribuire alla risoluzione del grande problema dell'istruzione del popolo del mezzogiorno, con la quale va strettamente unita la risoluzione di ogni altro problema[3]”. Il circolo, che aveva come sede la stessa casa di Lombardi,  non ebbe il tempo di portare avanti le sue attività per il sopraggiungere di un nuovo periodo di malattia di Lombardi che nel breve spazio di un anno lo porterà alla morte il 6 agosto 1950.
Lapide-ricordo posta davanti la casa
Per tutti i motivi sopra esposti e soprattutto per un’incrollabile fede in Dio, in Gesù Cristo e nella Chiesa, non disgiunta da profondi sentimenti e opere di carità cristiana (come l’impegno per la In charitate Christi e l’apostolato con l’Azione Cattolica e la Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli), la diocesi di Catanzaro nel 1998 decideva di dare inizio alle procedure per l'apertura della Causa di canonizzazione di Lombardi; il 6 ottobre 1999 fu celebrata la prima sessione del Tribunale ecclesiastico per la disamina delle sue opere e virtù, attraverso gli scritti e le testimonianze. In quella stessa data Mons. Antonio Cantisani decideva di dedicare al Servo di Dio la rinata Biblioteca arcivescovile, che si propone di essere, tra l'altro, un centro di raccolta di documentazione e di studi sull’illustre catanzarese. Il motto che campeggia sulla porta della biblioteca è: “Fides, nisi cogitatur, nulla est”, espressione mutuata dagli scritti di Sant’Agostino.

Lapide posta sulla sua tomba
 
Il 23 aprile 2001 le spoglie mortali del Servodi Dio furono collocate nella cappella della “Dormitio Virginis della Cattedrale di Catanzaro, dove ora riposano perché i fedeli abbiano la possibilità più immediata di invocare la sua intercessione.


Uomo di cultura

Studente 1918 (20 anni)
La prima impressione che si ha, considerando la mole della produzione edita e non edita di Antonio Lombardi, è lo spessore della sua cultura. Approfondendo questo aspetto rileviamo il carattere metodico, riservato e speculativo della sua personalità. La cultura non è fine a se stessa, ma è finalizzata alla conoscenza della verità: la verità della vita, delle cose, della storia e, soprattutto la verità di Dio.
E’ senz'altro interessante dare una risposta alla domanda: quali le abitudini di lettura del Servo di Dio che emergono dalla visione dei volumi e che vengono in un certo senso confermate dallo studio dei suoi appunti e diari/agende.
In molti volumi, come spesso capita di vedere nelle biblioteche private degli studiosi, sono presenti segni di lettura e in alcuni casi anche vere e proprie considerazioni o piccole glosse al testo. Ma nel nostro caso, sembra di poter rilevare un'abitudine tutta particolare. Antonio Lombardi usava segnare ogni singolo paragrafo con un puntino, quasi sempre a matita ma in alcuni casi anche ad inchiostro, nel corso del procedere della lettura. Questi puntini, a volte, possono diventare due o tre per evidenziare maggiormente il testo. In alcuni casi essi lasciano il posto a una singola linea verticale per evidenziare paragrafi di particolare interesse che può, anche se in pochissimi casi, trasformarsi in un segno di più linee parallele. Un altro modo, sempre per evidenziare paragrafi particolarmente interessanti, è una piccola crocetta posta sempre sul margine esterno, spesso deputato anche a ospitare piccole glosse e note di rimando da una parte all'altra del volume.
Queste considerazioni fanno pensare a Lombardi come a un lettore scrupoloso e attento, metodico nella lettura e con il bisogno di seguire le sequenze logiche del libro e quelle del suo pensiero. Ne appare un profilo che coincide con quello emergente dagli appunti personali nei Diari/Agende (in verità più zibaldoni che diari in senso stretto), in cui l'autore annota giorno per giorno la quantità di ore di studio e il profitto acquisito nella lettura. Ecco un esempio: “9 maggio 1932. Ore tre e mezza del pomeriggio. Giornata né buona né cattiva. È già abbastanza! Letto per tre o quattro ore la Storia dei cent'anni di Cantù. Lettura inutile e vana per me. Tuttavia l'ho fatto allo scopo di poter restare a lungo seduto con l'interesse della lettura, per vedere se il riposo mi possa giovare alle gambe”[4]. E’ evidente una costante ansia di rendere proficua la propria giornata, vissuta, non poche volte, con un cagionevole stato di salute. Per superare la tentazione dell'accidia, Antonio sente il bisogno di programmarsi per iscritto le giornate, di calendarizzate letture e scrittura delle proprie opere, perché i giorni siano produttivi in una scansione quasi monastica delle proprie attività. Come per i monaci, sembra che, anche per il nostro Servo di Dio, il tempo sia il tempo di Dio, tempo d’impegno apostolico che non può andare sprecato. Così scriveva: “Stabilirò volta per volta il lavoro da fare, […] il tempo in cui deve venire compiuto. […] Il tempo d’un lavoro da farsi appare a prima vista arbitrario, ma può essere necessario ed ottimo metodo, come nel mio caso, quando cioè si tratta di evitare di soffermarmi a lungo per pigrizia o per inutile scrupolosità di analisi e di perfezione[5]”.
Oltre i libri della propria biblioteca, sembra accertato che il nostro Servo di Dio utilizzasse testi delle biblioteche comunale o provinciale o universitarie. Quella comunale, affidata alle cure di Don Pippo de Nobili era al centro del movimento culturale cittadino. Non essendoci registri dei lettori o dei prestiti di quella biblioteca, è impossibile stabilire se e quanto Lombardi frequentasse quel luogo di studio. La cosa certa è che esisteva un rapporto di cordiale amicizia tra il filosofo e il bibliotecario che lascia presupporre anche un rapporto, per così dire, professionale. Discorso diverso si deve invece fare per i periodi di permanenza a Roma del nostro Servo di Dio, che, secondo le testimonianze dei parenti, confermate dal ritrovamento tra le carte di una scheda di richiesta di lettura di opere conservate presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II, trascorreva nelle biblioteche di quella città molto del suo tempo. Egli scrive in una nota: “Biblioteca | Fichte … (Edizione Bari, 1910) | pag.6”[6], seguita da una quantità di appunti presi dallo stesso volume, che conferma la frequenza delle biblioteche come luogo complementare del suo studio. Questo è confermato inoltre dalla Tessera di frequenza della Biblioteca Gregoriana di Roma intestata a Lombardi Antonius Redactor Osservatore Rom.[7].

Uomo di speranza

con la madre ammalata
Per temperamento e per formazione il comportamento del Servo di Dio aveva i caratteri della mitezza, della amabilità e della signorilità. Il suo animo era romantico. Lo si nota dalle liriche composte nella sua giovinezza e dalle letterine indirizzate ai suoi genitori in occasioni di feste. Questa natura romantica lo aiutava a essere positivo nei suoi giudizi, pur nella tristissima esperienza del fascismo e della guerra. Il suo pensiero, pertanto, era una continua fucina di speranza. Nel pieno della guerra, quando tutto volgeva verso la catastrofe e Catanzaro era un ammasso di macerie, scrisse nel giornale L’Idea cristiana  un articoletto sul nuovo anno 1944, in cui annuncia la speranza con le ali del poeta:

Cifra enigmatica! Ci affacciamo alla finestra dell'anno nuovo e per quanto allunghiamo lo sguardo, non c'è dato di vedere che buio. Solo lontano, molto lontano, qualche incerto barlume. E’ il barlume della speranza, sempre immortale. È forse l'aurora di una nuova età?
O giovinezza, tu che giammai cedesti dinanzi all'avverso destino, ma che sempre da te risorgi e ritessi le fila della vita, guarda all'anno nuovo che procede, con la tua eterna baldanza.
E tu, età matura, non piegare la fronte sotto il cumulo delle colpe e dei dolori, ma pensa che la vita è immortale, e, coi danni inevitabili, nuove gioie e nuove speranze attendono ancora l'umanità per la sua via.
Il tempo è una rete tesa sull'abisso tra il nulla e l'infinito. Saper danzare sulla rete del tempo è tutta la sapienza della vita. Amarsi, aiutarsi: che altro resta del tempo? L'odio, il denaro, il potere, tutto è vano. Anche i dolori son passeggeri. Quel che s'afferma e che resta è solo l'amore che è luce. La vita scaturì in origine dalla luce, e nella luce trionferà.
O vita, tu che sai sorridere e amare, purifica il tuo sorriso e il tuo amore da ogni volgarità.
Uomini tutti, elevate lo sguardo davanti all'avvenire che avanza, al tempo che si rinnovella per nuove glorie e per nuovi splendori.

Anche nell’opera inedita Filosofia delle rovine del 1947, benché descrive con crudo realismo le rovine della città di Catanzaro colpita dalle bombe degli alleati, il Lombardi presenta delle pagine di grande speranza. L’ultimo capitolo ha come titolo Aurore. In esso scrive:

“Quando la morte sopravvive nella memoria, nella speranza, quando l'animo non teme la morte, ma tutto scopre immortale, allora essa può bene non rimpiangere il perir delle cose, poiché queste s’intrecciano e sorreggono nell'eterna vita. Quando l'età ingenua e innocente, nei moti della prima natura, sente l'amore della vita e ne scopre la riposta bellezza, è nel suo cuore la speranza e il velato riflesso d'un infinito bene”.

Questa era la sua vocazione: scrivere. Lo dice lui stesso in uno scritto, senza data, da noi riportato tra gli scritti inediti (E, cap. VII, n. 20). Si domanda quale fosse la sua vocazione e così conclude:

“Forse se dovessi fare l’accattone  nel mio paese, avrei ripugnanza. Ma non mi pare di averne alcuna alla povertà e umiltà del religioso. Forse mi dispiacerebbe  di distaccarmi dalla mia famiglia, ma mi pare vincibile. Insomma la difficoltà principale, unica, credo, è che niente si confaccia alle mie presenti condizioni di spirito, tranne lo scrivere”.   

Attraverso lo scritto avrebbe dato alla sua vita uno scopo. L’oggetto di questo scrivere era la verità cercata e amata; e una volta trovata doveva essere annunciata. Questa verità era la verità di Dio e la verità dell’uomo in Dio. Non è da sottacere che il titolo della sua più importante opera Critica delle metafisiche, secondo una confidenza fatta dalla sorella Adelaide alla cugina Rosetta, sarebbe dovuto essere “Dio”. E a La filosofia delle rovine il Lombardi aveva dato come titolo “L’ignoto Iddio”. Quel Dio che lui cercava e che all’età di trenta anni aveva trovato, per grazia, dopo una lunga esperienza di dolore, nel Dio di Gesù Cristo, ora lo voleva annunciare a tutti con l’entusiasmo di chi ha trovato un tesoro nascosto. Ma questo annuncio sapeva di doverlo fare con immenso rispetto della libertà dell’uomo. Ecco, allora, che il tono e il linguaggio usato dal Lombardi non è mai polemica veemente irriguardosa, è, invece, logica lineare, stringente e serena. Questo stile di pensare e di scrivere, rigoroso e lucido, rispettoso e corretto, il Lombardi lo chiede a San Giuseppe il 18 marzo 1938 nella preghiera riportata nell’Agenda: “Fate che questo lavoro sia, per lo scritto e per la dottrina, degno difensore della chiesa. Ottenetemi uno spirito di carità nell'eseguirlo, una penetrazione perfetta e luminosa, una parola facile e senza asprezze, eloquente senza retorica. Ottenetemi uno spirito di pazienza e di perseveranza”.

Uomo sensibile conquistato da Dio

impegnato nella vita ecclesiale
La sorella Adelaide, dopo la morte del fratello Antonio, ha scritto una testimonianza che illustra il suo animo squisitamente sensibile, partendo dall’infanzia fino alla conclusione della vita.  Questo testo descrive il carattere del Servo di Dio in un modo estremamente chiaro. Senza alcun commento, riportiamo qui alcuni passaggi significativi:

"Nino da bambino, da ragazzo, era stato sempre buono, sensibile, affettuoso, mite, timido e crebbe così; così in casa, a scuola. Cercò di vincere la sua timidezza con grande sforzo e vi riuscì con gli anni. Caro fu in lui il ricordo dell'infanzia.
Da giovane fu sempre ugualmente buono con la famiglia, con tutti.
In famiglia era come noi; i soliti discorsi, le solite cose, le battute di spirito, la nostra vita, le passeggiate, non mostrava affatto quello che era[8], ma noi lo comprendevamo. E tale era sempre con le persone, con gli amici. Durante il giorno passava molte ore nel suo studiolo intento nel suo lavoro; nei primi pomeriggi lo accompagnavo spesso per lunghe passeggiate per la campagna.
Durante i mesi estivi godeva con la famiglia e i parenti la villeggiatura a Pontegrande, al nostro villino, e andava e veniva da Catanzaro quasi tutti i giorni.
Educato, corretto, docile in famiglia, amoroso specie per la madre ammalata da tempo, che curava, e che lo seguì dopo 25 giorni nella tomba. Era un tipo gioviale. Riceveva i suoi amici, i poveri, tutti con trasporto, con tenerezza, con affetto; andava loro incontro con passo sicuro, altero, sorridente, tendendo loro le braccia, le mani, con gesti allegri.
Nella sua sensibilità sentiva e amava molto la musica e la poesia e tutte le manifestazioni dell'arte, della natura. Recitava a volte con grande entusiasmo le poesie dei grandi poeti e le cose più grandi e belle che lo trasportavano in un mondo di sogni. A volte stava come trasognato, assente. Era distinto e nello stesso tempo povero nel vestire, in tutto e sempre modesto nella persona e illibato. Non teneva nulla per sé dei suoi guadagni, ma li regalava a chi lui credeva più opportuno. In famiglia cercava di evitare lavoro agli altri prodigandosi, sostituendosi. Era forte d'animo e coraggioso.
Cercava di mettere pace dovunque occorreva sempre nelle difficili circostanze della gente. Si batteva per la giustizia e richiamava al dovere le persone che ne avevano bisogno. Sicuro e amoroso nel riprendere.
Una volta durante una passeggiata campestre (io ero con lui) un uomo, camminando a lato della strada, bestemmiava la Madonna; lui, mettendogli amorosamente una mano sulla spalla, gli disse in dialetto catanzarese: “Ca poi quando morimu a chiamamu a Madonna”. E così in altri casi. Riceveva in casa sempre poveri, abietti, aiutandoli, servendoli lui stesso nel mangiare e illuminandoli nello spirito.
Nascondeva tutte le sue virtù e anche la sua fede. Parlava poco di sé e delle sue cose. La sera, prima di addormentarsi, lo vedevo intento a leggere libri santi come meditazioni, Imitazione di Cristo, Vangelo e altro. Quando parlava delle cose di Dio o schiariva dei dubbi a persone era veramente edificante. […]
La sua conversione cominciò con la devozione alla Madonna, facendosi nel lontano mese di maggio del 1932 la comunione ogni giorno con una pratica di vita cristiana sempre più intensa e conformando la sua vita a quella vita. E, come si rileva dai suoi scritti, fu veramente pieno dello Spirito di Dio. Aveva avuto il dono del consiglio e a tutti indicava la buona e giusta via. S’era tanto affezionato a una nostra antica donna di servizio che ci aveva cresciuti e accuditi. Rosa si chiamava ed era di capacità modeste, ma buona e affettuosa, specie con Nino, e da vecchia l’assistette fino alla morte. Morte che tanto lo addolorò e di lei ha serbato alcuni indumenti che ancora si conservano nella sua libreria. Il ricordo di Rosa era unito ai ricordi dell'infanzia che Nino ha portato con sé durante la sua vita. Nino ha sofferto tanto moralmente in vita. E anche per l'allontanamento di mia sorella, che si è sposata, ha tanto sofferto.
Nel 1948 aveva dato inizio alla fondazione di un circolo di cultura “Studium” e per due anni, fino all'ultima sua malattia, venivano i giovani per lo studio, sperando di poter continuare a fare andare avanti quest'opera, ma tutto si è fermato.
Lo studio, dove Lombardi è morto, è il primo balcone in alto
Nello studio di mio padre, dove in ultimo lo abbiamo portato, vedeva dal letto un pezzo di cielo attraverso il balcone ed esclamava “Come è bello il cielo […] Signore, com'è bello il paradiso”. Durante la sua vita a volte di giorno e anche di notte aveva dei trasporti e spesso esclamava: “Signore, Signore” e a volte: “Quando mi libererai da questo corpo di morte?”.
Si intratteneva volentieri a volte con la nostra donna di lavoro[9] e diceva di distrarsi dalle fatiche parlando con lei. La curava, cercando di farla lavorare di meno, la riguardava. E lei si era resa conto delle virtù di lui.
Nino era sofferente di cuore. Una enterocolite come quella avuta a 26 anni (quando ancora non era credente) fu contraria ad ogni cura e dopo sofferenze e rassegnazione alla volontà di Dio, grave nel delirio la sera prima della morte, la mattina con un filo di speranza, dopo aver richiesta dell'acqua che gli è rimasta in gola perché non poteva ingoiare più, e dopo la estrema unzione che mia sorella gli ha fatto pervenire e che lui ha accolto con un sorriso, (scambiato) forse per quel frate che aspettava e desiderava vedere, o forse nel desiderio di far la comunione, sorriso che poi divenne mestizia. E con la mano nelle mani di mio padre (così mi hanno detto) dopo averci chiamati tutti prima per darci l'ultimo addio, ha piegato umilmente e dolcemente il capo alla morte […].
Ci sono state, per intercessione di Nino, anche delle grazie fatte ai suoi amici e conoscenti e a persone anche da lui sconosciute […].
Gli piaceva andare spesso al cimitero […] Si recava tutte le mattine, alle 7:30 in chiesa e specialmente alla chiesetta di Sant'Anna a noi vicina e faceva tutti i giorni la Santa Comunione.
Amava assai la natura, le albe, i tramonti, le notti lunari, che le sere d'estate stava serenamente a contemplare. […] Quando gli si chiedeva su qualche cosa o perché questo e quest'altro, lui o rispondeva subito o stava a pensare e quando aveva trovato la soluzione la spiegava. Era stato sempre portato per la matematica".


       2. La spiritualità

Non possiamo parlare della spiritualità del Servo di Dio se non partendo dall’idea che egli aveva di Dio. Di Lui, il 4 gennaio 1930, a pochi mesi della sua conversione, scrive: “Che Dio sia bontà perfetta è la cosa più immediata che si presenta allo spirito e alla mente dell'uomo. Infatti, è cosa immediata che Dio sia perfettamente felice, ma la perfetta felicità è anche perfetta carità, cioè bontà”[10]. Se Dio è bontà, tutta la vita, la sua e quella degli uomini, deve essere segno della bontà divina. Il Lombardi continua: “Tutto il male sta nella superbia. L'uomo che cammina nella luce, cioè nelle vie del Signore, ha ed avrà la luce”. La bontà di Dio, quindi, può e deve essere accolta con animo umile. Bontà e umiltà furono le caratteristiche dell’animo del Servo di Dio, da tutti riconosciute e apprezzate. Basta scorrere la corrispondenza per notarlo con limpida evidenza.

Scrittore di Dio

frequentava le biblioteche
Nelle pagine precedenti abbiamo notato che il Lombardi sentiva di avere la vocazione di essere scrittore, anzi che  niente si confaceva alle sue presenti condizioni di spirito, tranne lo scrivere.   
E’ illuminante il pensiero che scrisse il filosofo e amico Vito Giuseppe Galati nella commemorazione del Servo di Dio il 9 maggio 1954:

“Conversando nel mio studio a Roma, quasi per giustificare la sua fatica filosofica, (il Lombardi mi disse): ‘Ciò che faccio negli studi è per un dovere cristiano; mi pare che verrei meno alla stessa fede non facendolo’. Ed io lo compresi allora, ma solo in parte. Lo comprendo interamente ora che leggo nel suo diario, alla data del 13 novembre ’37 questa notazione: ‘Comincia la definizione dello scritto su Hegel. Metto questo scritto sotto la protezione della Madonna e di san Giuseppe[11].

La testimonianza di Vito Giuseppe Galati coglie il cuore dell’animo apostolico del Servo di Dio. Il suo scrivere è un dovere cristiano, la cui impellenza nasce dalla fede. Egli vuole glorificare Dio e, servendosi della speculazione filosofica, vuole aiutare i fratelli a ritrovare la gioia e la ricchezza della fede. Non farlo, per lui, era un venire meno alla fede. E quello che fa, conscio della importanza del suo impegno, lo pone sotto la protezione della Madonna e di san Giuseppe. Commenta Raffaele Gentile: “La potenza del genio è affrontata dall’umiltà del catecumeno”[12].  In continuità con quanto detto sopra, possiamo fare analoghe riflessioni scorrendo il Volume inedito Da Platone a Stalin, scritto dal Servo di Dio negli ultimi anni della sua vita. Esso è una riflessione serena e lucida sui sistemi sociali preminenti della metà del 20º secolo. Il Lombardi riflette dapprima sull’origine della società e sulle risposte del materialismo marxista (cap.1); poi passa in rassegna le ineguaglianze sociali verificatesi nella storia dal feudalesimo al capitalismo (cap. 2); quindi analizza il capitalismo odierno e la società del futuro (cap.3); infine disserta sul valore dell'economia comunista (cap.4). Nella introduzione e nella conclusione ci sono degli elementi spirituali molto interessanti per conoscere la profondità del sentimento di fede del Servo di Dio. Scrive nell’introduzione:

“Questo libro non fu scritto dinanzi agli uomini, ma a Dio. Perciò esso non appartiene agli odii di singoli o di partiti, né agli errori o alterazioni dell'intelletto, ma soltanto alla verità e all'amore. Possa questo libro contribuire a illuminare gli uomini, ciò ch’è proprio della verità; perché vogliano efficacemente la giustizia, ciò che è proprio dell'amore”.

L’espressione “questo libro non fu scritto dinanzi agli uomini, ma a Dio” è una chiara indicazione che esso è stato frutto di una riflessione pregata. Le idee scritte tendono alla affermazione della verità e dell'amore, superando ogni partigianeria partitistica. Il suo augurio è che gli uomini “vogliano efficacemente la giustizia, ciò che è proprio dell'amore”. Si nota subito da questa breve nota l'animo apostolico e la tensione etica del Servo di Dio. Questi stessi sentimenti sono espressi anche nella conclusione del volume, in cui egli sogna la purificazione dei sistemi capitalista e marxista, possibile solo attraverso “i beni immensi che ci sono stati largiti”, ossia “la carità e la fiducia in Dio” [13].

“Non certo dalla vittoria dell'una o dell'altra (Stati Uniti e Russia) sorgerà la nuova giustizia sociale. Essa non verrà neppure dai piani economici, se questi dovranno servire ad accrescere la potenza degli uni e la miseria degli altri. Essa non verrà dai patti di offesa o di difesa, di guerra o di pace, se per difesa e per pace si intende il consolidamento di una condizione di sopruso per gli uni e di oppressione degli altri. Essa non verrà dall'unione dei proprietari, secondo la frase famosa: proletari di tutto il mondo unitevi […]. Se la nuova giustizia dovrà sorgere nel mondo, essa sorgerà quando la più grande proletaria, la Russia, rinata alle aure di libertà, porgerà il conforto della sua grand’anima alle nazioni sorelle; quando le grandi nazioni dell'oriente avranno lor voce nel mondo; quando nell'Inghilterra e nella libera America vi saranno abbastanza spiriti generosi da cooperare alla redenzione dei popoli; quando la redenzione sociale sarà fondata davvero sulla parola del divino Redentore”.


Sembra di sentire in queste frasi in anticipo la futura enciclica “Populorum progressio” di Paolo VI, del 26 marzo 1967, che denunciava la necessità del superamento dei blocchi contrapposti del comunismo e del capitalismo e invitava a costruire una società fondata sul rispetto della dignità dell'uomo, secondo la parola del divino Redentore.

Sit nomen Domini benedictum

sofferente
Fare sempre la volontà di Dio, soprattutto nei momenti difficili della vita, è la condizione essenziale di ogni autentica spiritualità. Varie sono le espressioni scritte dal Servo di Dio nelle sue agende circa la decisione, dettata dalla fede e dall'amore, di dire il suo a Dio in qualunque momento o circostanza il Signore lo chiamasse. C'è uno scritto, senza data, forse riferibile all'ultimo periodo della vita, in cui il Servo di Dio rinnova la sua professione di obbedienza al Signore. Egli scrive:

“Io protesto, o mio Dio, di voler essere sempre sottomesso alla tua dipendenza. (Dubbio da sottoporre al Padre[14]). Leggendo le parole di Giobbe: ‘Sicut Domino placuit, ita factum est: sit nomen Domini benedictum’, ho avuto il pensiero che forse il Signore vuole da me che io viva sotto questo gioco, che mi rende inutile, lo sopporti in pace e benedica Dio in questa tribolazione, fino a quando non piaccia a lui di liberarmi. Io sono pronto ad accettare questo spasimo, che non è piccolo. Mi pare che saprei anche accettarlo con allegrezza. Ma questa allegrezza, o sopportazione, o pace, sarebbe secondo Dio o secondo la natura corrotta che ci troverebbe un accomodamento, e in che grado? Può essere che questa tribolazione mi sia stata data da Dio per raggiungere con essa il mio fine. Se tutte le cose sono mezzi, perché l'uomo conseguisca il suo fine, dunque ogni mezzo può servire, nei disegni di Dio, al fine dell'uomo; non è dunque impossibile che questa mia tribolazione, che è anche mezzo, sia voluta o permessa da Dio, perché io conseguisca con essa il mio fine, non forse perché la superi, ma perché la sopporti. In questo pensiero mi pare di sentirmi tranquillo, soprattutto più forte, e anche più tenero verso Gesù”[15]

Accettare la tribolazione con allegrezza, considerarla mezzo, secondo il disegno di Dio, per raggiungere il suo fine, soprattutto la considerazione finale del suo sentirsi più tenero verso Gesù, accettando e sopportando la sua tribolazione, sono tutte espressioni che indicano il raggiungimento di un alto livello nella via della perfezione da parte del Servo di Dio. Il riportare l'espressione latina di Giobbe indica la familiarità del Lombardi con la Parola di Dio. Il suo sentirsi “più tenero verso Gesù”, questo richiamo alla tenerezza, indica come la sua relazione con Gesù raggiungeva anche la sfera affettiva: il filosofo diventa amante. La sua formazione interiore è insieme biblica e ascetica. Forse c’è anche qualcosa che attiene alla sfera mistica. Comunque,  sembra rispecchiarsi la spiritualità del suo padre spirituale, il servo di Dio padre Francesco Caruso[16].

Cerca il volto della verità

Le pagine del “Preambolo a La filosofia di Benedetto Croce”, riportate, per la loro bellezza, dal Volume “Antonio Lombardi tra santità e cultura – Atti del convegno”[17] sono un canto alla verità, di cui Lombardi si sentiva umile servitore. Richiamare alcuni squarci di questo brano per illustrare meglio i caratteri della spiritualità del Servo di Dio è oltremodo interessante, soprattutto perché egli dice chiaramente che l’infinito valore della verità s’identifica con Dio. Servire la verità è, quindi, servire Dio. Pur criticando i limiti della filosofia di Benedetto Croce, il suo atteggiamento è estremamente umile e riconosce il bene e il vero detto da chiunque senza preconcetti. Del Croce riconosce, anche se non si sofferma, il “valore d’una dottrina che nuova luce e fermezza d’indirizzo ha portato nella scienza storica e che, nell’estetica e nella logica, sviluppò principi così fecondi, come quello della natura estetica dell’espressione, e della sintesi, nel concetto, dell’universale e del particolare”. Ma riconosce anche gli errori teoretici del Croce, quelli che egli critica nella sua opera, considerati “gli antichi errori della mente umana”. Il Lombardi si prefigge di “cercare il volto della verità” in mezzo agli errori. Potrebbe sembrare contraddittoria questa espressione, ma, in verità, in questo paradosso  sta la nobiltà, la purezza e l’onestà intellettuale del Lombardi. Egli sa bene che la verità ha mille volti e bisogna avere un cuore e una mente puri per poterla cogliere, amare e servire. “Chi fa la verità viene alla luce” (Gv. 2,21) ha detto Gesù. Fare la verità, questo il compito che il Servo di Dio si prefigge, non solo nell’opera speculativa, ma anche nella vita: è il suo stile e il suo obbiettivo. Questa affermazione diventa chiara dopo aver letto il brano annunciato, che ora riportiamo in sintesi:

“Io so bene che la verità ha per noi mille volti, perché nessuno ne può appieno conoscere l’infinito valore, che è Dio. Perciò il travaglio intorno alla verità non ha fine […] I suoi volti, abbiam detto, son mille; essa non ha scuole, ma prende da tutte le scuole, da tutte le concezioni e immagini di vita […] La verità non teme i sofismi della mente, né i sofismi del cuore. E quando altri la deride, non lei deride, ma l'immagine finta che di lei si fece. E quando va lungi da lei, è lei che ricerca. […] La verità è vita e chi amò le sparse bellezze del creato, quasi i rottami d'un naufragio sul vasto mare dell'essere[18],  non aveva che da stendere il suo amore e il suo sguardo per ritrovarla unita. Noi presentiamo all'età stanca e all'età ribelle un'opera meditata di pensiero […] ma apriamo la mente ai liberi campi dell'amore. Non costruiamo un sistema, ma strappiamo le nere bende dell'errore e del pessimismo, per conquistare il libero slancio della vita. […] La verità logica, nata dal travaglio della mente o dalla sapienza dell'umiltà,… potrà illuminare il nostro cammino. L'amore della verità, vale a dire l'amore della vita infinita, è così proprio dell'uomo che questi null'altro cerca nei suoi sconfinati desideri, nelle sue speculazioni. […] L'intelletto non è estraneo alla vita, ma è la  perla sua più preziosa, e, in Dio, è la vita stessa. Possa questo libro contribuire a dare il senso forte e ampio e profondo della vita. La verità è ancora e sempre necessaria all'uomo. […] I frammenti sparsi della vita si raccolgono nella verità che li comprende insieme e li trascende, mentre staccati dal tronco, non sono che secchi rami e foglie ingiallite. […] Il valore della verità è nell'amore che supera e armonizza le diverse e opposte verità degli uomini”[19].

La verità trova in Dio il suo infinito valore, la verità è vita, la verità è logica, la verità è amore, la verità è necessaria all’uomo, l’amore della verità è proprio dell’uomo, la verità unifica “i frammenti sparsi della vita” e “li trascende”, la verità salva: questi concetti, posti nel preambolo del Volume La filosofia di Benedetto Croce sono chiaramente una professione di fede del nostro Servo di Dio, che lo ispira e lo guida in tutto il suo travaglio intellettivo e interiore. Ma in questo brano ancora emerge il suo spirito apostolico e il suo animo positivo, carico di speranza; la sua speculazione è per gli altri e l’obiettivo è la conquista del libero slancio della vita:Noi presentiamo all'età stanca e all'età ribelle un'opera meditata di pensiero […] strappiamo le nere bende dell'errore e del pessimismo, per conquistare il libero slancio della vita”. L’ultima espressione è un inno alla pace:  “Il valore della verità è nell'amore che supera e armonizza le diverse e opposte verità degli uomini”.

Compassionevole, umile, ama i disprezzi

dicembre 1949
Un altro aspetto della spiritualità del Servo di Dio lo cogliamo da un suo foglietto senza data, riportato nel volume degli Atti del convegno[20] dal titolo “Regno di G. Cristo”. Partendo dall’esempio di Gesù e di Maria, il Lombardi fa una riflessione che trasforma in proposito. Pensiamo che questa fosse la dinamica ordinaria della sua vita spirituale: imitare Cristo, imitare Maria, mettendosi alla loro scuola. Nel brano c’è un richiamo all’ascesi “Vinto l’amor carnale, cioè alle comodità del corpo”, con chiaro riferimento autobiografico alla sua conversione, e un richiamo alla sua vocazione di “lavorare senza tregua (per quanto è possibile) senza riguardo o timore della sanità del corpo”. Egli vuole lavorare alacremente e con gioia, senza avere “tempo o ozio per rammaricarsi della povertà” e fuori di “ogni tristezza”. Quindi aggiunge:
“Dio, invece di stabilire la condanna, stabilisce la redenzione. Questo è il primo esempio per noi, per la nostra condotta verso coloro che offendono Dio, e che offendono noi, ch’è lo stesso: volere con Dio la loro redenzione. E considerare che ciò che per Dio fu pura misericordia, per noi è obbligo come ci insegna la parabola del fattore… il Pater  noster… ecc. Il Signore ci vuole dunque non giusti, cioè giudici, ma compassionevoli. Egli non ama che noi siamo altieri e giudichiamo, ma che siamo compassionevoli e umili. Questo viene confermato nell'annunciazione a Maria, cioè nella scelta a sua madre e corredentrice che Dio fa di Maria in riguardo della sua umiltà… Dio scende a visitare l'uomo e il suo umanizzarsi è per conquistare il cuore dell'uomo.
Frutto (proposito): Guardando a Gesù e a Maria, Gesù che s’immiserì nell'incarnazione, Maria che s’umiliò nell'annunciazione, non accettare, per quanto è da me, nessun onore e cercare d'essere contento nei disprezzi. V'è ancora un grado più alto: quello di amare i disprezzi, e circa questo grado, chiedo a Dio la forza di desiderarlo e la forza di amare i disprezzi, se Dio vuole. Dio mio, se tu vuoi che io cerchi i disprezzi, io li cercherò”.


Anche sotto questo aspetto è chiara la relazione tra il Lombardi e il suo direttore spirituale, il Servo di Dio Padre Francesco Caruso. Questi più volte nei suoi scritti e nei suoi propositi richiama il valore ascetico del disprezzo di sé, come forma di umiltà pratica e vera. Anche il Lombardi più volte nei suoi diari fa riferimento al disprezzo di sé, come stile di vita evangelico, in conformità alla chenosi di Gesù, che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil.2,8). Così il discepolo di Gesù deve dire di sé: Sono “servo inutile” (cfr. Lc.17,10), sapendo che “il Signore trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo conforme al corpo della sua gloria” (Fil.3,21). Così scrive nell’agenda il 12 gennaio 1937: “Ricordare che l'anima più umile e più disprezzata è quella che entrerà più addentro nel Cuore di Gesù. Spogliarsi d’ogni vanità nel trattare con altri, camminare, ecc.”.

Verso di me hai volto il tuo sguardo, o Signore

1919 studente a Roma
L’agenda (1935-1937) è, tra le dieci agende che ci restano del Servo di Dio, quella più ricca di propositi di ordine ascetico-spirituale. Nel delineare i tratti della spiritualità di Antonio Lombardi, non possiamo esimerci di dare almeno un sommario sguardo a questa agenda, in cui tutti  i pensieri sono datati. L’agenda inizia con un pensiero del santo Curato d’Ars, in cui si richiama la misericordia di Dio.

2 novembre 1935 (ore11 e mezza): “I nostri peccati sono come un grano di sabbia di fronte alla grande montagna della misericordia di Dio” (S. Curato d’Ars).

Cosa sia stata la misericordia di Dio per il Lombardi lo si può notare nella sua bellissima preghiera autobiografica, dal titolo “Contemplando la dolcezza divina”, che riportiamo per intero:

Parlerò al mio Signore e non tacerò.
Dirò all'orecchio del mio Dio:
“O Padre, che sei nell’eccelso,
quanto grande è la tua dolcezza!
Tu la nascondi
a coloro che non ti temono;
la riveli
a coloro che ti servono
con tutto il cuore:
i tuoi amati.
Ineffabile dolcezza
della tua contemplazione!
La elargisci per amore!
In ciò massimamente
mi hai dimostrato
la dolcezza della carità:
io non ero e Tu mi hai fatto;
io erravo lungi da te,
e Tu mi hai ricondotto a servirti,
mi hai insegnato ad amarti.
O perpetua fonte di nuove aurore,
che cosa posso dirti?
Come potrò dimenticarmi di te?
Quando stavo per distruggermi e perire
verso di me hai volto il tuo sguardo!”

A servizio di Dio

1932, già convertito alla fede
Nell’Agenda segue una riflessione sull’Azione Cattolica, di cui il Servo di Dio sarà presidente diocesano, sezione uomini, nel 1941-1944.  La riflessione è datata 14 settembre 1936. Dopo aver ricordato che “l'Azione Cattolica è stata definita dal Papa come una vocazione”, tra le altre cose dice: “Chi appartiene all'Azione cattolica deve mirare a fini di Dio, anzi la sua vocazione è quella di servire questi fini; così pare che egli non possa iscriversi a partiti politici per servire a questi, come fine, ma per servire in questi a Dio; sicché egli s’iscriverà ai partiti e li considererà semplicemente come mezzi di servire a Dio”. Questo pensiero era l’anima del suo impegno politico nel nascente Partito Popolare della Democrazia Cristiana, di cui a Catanzaro l’anima spirituale era il sacerdote Don Francesco Caporale, che raccoglieva i giovani cattolici impegnati in politica nella canonica della parrocchia di san Rocco. Qui il giovane Lombardi formò la sua coscienza politica, dal cui cuore nasceranno gli articoli, carichi di grande umanità e saggezza, editi nel primo giornale politico cattolico della Calabria: L’Idea Cristiana, di cui è stato uno dei fondatori, assieme al dottore Raffaele Gentile, suo discepolo. Nella presente Relazione abbiamo riportato questi articoli.
Esaminandosi sulla sua vita, dal 29 ottobre 1934 fino a tutto giugno e più del 1935, il Lombardi dice di sé: “Non ho avuto grandemente a lagnarmi di me”. Cui segue: “Mettersi al lavoro. E che il Signore mi faccia vincere ogni debolezza!”. Ricorre spessissimo negli scritti del Lombardi questo richiamo di preghiera al Signore. La sua vita era scandita da queste invocazioni. Seguono alcuni appunti sulla sua giornata e sul suo comportamento:

19 dic. 1935 Catanzaro, Meditazione - Heghel: circa due ore. Bel tempo – Non uscito. Comportamento: des(idero) magg(iore) raccoglimento. Let(tura) sp(irituale); poco studio - non uscito – comp(ortamento) leggero.
6 febbraio 1936: Ordine e costanza. Qui non diligit, manet in morte.

Ama il dolore


  Nell’Agenda il Lombardi scrive:

  22. febbraio (1936) – Problema del dolore:
1. Nell’Uomo-Dio, Cristo, come creatura e come principio della creatura (principium creaturae Dei, Apoc.) provò il dolore, essendo egli l’Amore, in quanto l’amore si prova col dolore (probatun in tribulationibus e simili, vedi Apoc. e altrove). E’ possibile che il dolore non distrugga l’amore, ma ne prova la pienezza; così il dolore non è che il trionfo e la gloria dell’amore. Così il dolore è reso amabile dall’amore; poiché l’amore ama il dolore (Gesù quando  abbraccia la croce). 2. Negli uomini buoni deve dirsi similmente, poiché così sono simili a Cristo, e sono un corpo con lui.  3. Negli uomini cattivi e nei bruti…

Le suddette riflessioni sul dolore sono le convinzioni religiose, vitali, più profonde del Lombardi. Da queste espressioni si nota il cristocentrismo presente in lui: il Cristo è visto nel suo mistero pasquale, come Colui che abbraccia la croce; Egli, principio della creatura, è l’Amore autentico, che prova l’amore nel dolore e che coinvolge gli uomini buoni ad essere in Lui un corpo solo.  L’accettazione libera del dolore con Cristo (in obbedienza al Padre) manifesta il vero amore e, (in questa logica pasquale)  il dolore è reso amabile dall’amore.

Ama l’ordine, la povertà, l’umiltà, la mortificazione

Continua a scrivere nell’Agenda:
10  marzo (1936): “Ego sitienti dabo da fonte aquam vitae” (Apoc. XXI, 6).
    14 settembre 1936: Da oggi fare un metodo di vita più ordinato. Molto si può fare con l’ordine e la costanza; e così spero in questo non breve tempo che resta fino alla fine dell’anno  (sono 117 giorni!) di portare a buon termine il mio lavoro, e certo di finire il capitolo contro Hegel e fare anche molto di più. Forse potrebbero bastare per questo lavoro tre ore al giorno, e cioè dalle 9 alle 12.
     Anche per non affaticare troppo lo spirito in questi studi che mi sono duri di vedute troppo aridi; e avere così il modo, specie nelle ore libere del pomeriggio, non solo di riposare lo spirito, ma anche di rinfrancarlo e alimentarlo con studi e letture, di cui io sono rimasto troppo digiuno, e che, per avere un interesse o più direttamente spirituale o più rispondente alle tendenze e ai bisogni spirituali del nostro tempo, abbiano perciò un’utilità più immediata.
1 dicembre 1936: inizio della novena all’Immacolata Concezione. Fatto il proposito particolare di osservare, per quanto è possibile, esattamente l'orario senza alcun indugio d'esame.
4 dicembre 1936: Il medesimo proposito come mortificazione. Lumi particolari: Una migliore comprensione e una certa inclinazione all'amore della povertà, umiltà e di mortificazione […] Essere più osservante su tutto ciò, allo scopo di vincere la mia natura, o forse il mio abito alla negligenza e pigrizia.

In queste righe dell’Agenda notiamo più elementi: la citazione latina della frase dell’Apocalisse (assieme alle altre precedenti), che è indice dell’importanza della Sacra Scrittura nella spiritualità del Servo di Dio; il richiamo alla necessità dell’ordine e della programmazione; il bisogno di riposare lo spirito facendo studi e letture meno duri e aridi dei soliti impegnativi studi speculativi filosofici, segno di equilibrio e di moderazione; il bisogno interiore (chiamato lume) di essere più comprensivo (con gli altri) e di amare la povertà, l’umiltà e la mortificazione; inoltre il riconoscimento della tendenza della sua natura verso la negligenza e la pigrizia.
Questo  modo ascetico di impostare la vita interiore è tipico della guida saggia del suo padre spirituale, Padre Francesco Caruso, più volte ricordato,  anch’egli attento ad ogni risvolto della vita spirituale e all’uso metodico dell’esame di coscienza. Il Caruso era convinto che non è possibile una autentica santità, una vita mistica e contemplativa, una sicura intimità con Cristo, senza una esigente ascetica.

Ama il Cuore di Gesù e di Maria

1949
Riportiamo ora, senza commentare, tutta una serie di riflessioni e di propositi dell’Agenda del 1935-1937, che sono una esplicitazione di quanto testé detto. Qualcosa di particolarmente importante lo evidenziamo  in corsivo. Notare quante volte viene richiamato il Cuore di Gesù e i pensieri di Santa Margherita Alacoque: la devozione al Cuore di Gesù è fondamentale nella spiritualità del Lombardi. Raggiunge l’apice nel proposito dell’11 gennaio 1937 quando si offre  vittima al Cuore di Gesù.

4 dicembre 1936 - Piccole vittorie: Mangiato la parte iniziata, come era stata presentata; cercato di migliorarmi nelle mie imperfezioni.
Cadute: Consigliato non del tutto spassionatamente; trattato con impazienza operai; risentimento d'amor proprio per le mie imperfezioni.
Note sulla giornata: dopo la Comunione sforzatomi e riuscitomi in parte di considerare gli altri come migliori di me. Al qual fine mi sono aiutato con il ricordo dei sentimenti ch’ebbi durante la mia convalescenza della malattia del 27, sentimenti di dolcezza per il prossimo che mi pareva mirabile per la sua bontà. Cercare di continuare in questa via. Il che del resto è facile se noi consideriamo quello che in generale vediamo di bene. Giacché, dell'interno degli animi o di quello che non pare ben fatto, noi non siamo giudici. Non ho osservato il riposo dopo il pranzo. Trattenutomi poco in chiesa nelle uscite pomeridiane.
5 dicembre 1936 - Proposito: Parlare nelle occasioni in famiglia e con conoscenti del Sacro Cuore. Lumi: il cuore di Gesù fonte di tutti i beni. Dopo la comunione sforzatomi di considerare la bontà del prossimo, al fine di vedere me imperfetto e gli altri perfetti. Vedere gli altri perfetti e amare questa perfezione deve essere grande felicità. Non osservato l'orario: in parte scusato, in parte credo di no.
6 dicembre 1936 - Proposito: Avvicinare i poveri più abietti e quelli la cui vicinanza ci umilia maggiormente agli occhi del mondo: stravaganti, pazzi, ecc; poiché con la pazienza e la carità che si esercita verso di questi, il Sacro Cuore ci vuole affidare il dono della perfezione. Bisogna tuttavia guardarsi che questo avvicinamento agli abbietti ci faccia disprezzare quelli che non sono tali. Poiché il proprio fine di questo avvicinamento deve essere quello di diventare a nostra volta abbietti, poiché l’abbiezione si comunica. Cioè il fine non deve essere quello di essere generosi e magnanimi con gli abbietti, ma di essere abbietto con gli abbietti. Il qual esercizio è necessario, poiché siamo noi veramente abbiezione  per i nostri peccati e per il nostro nulla, ma non ce ne ricordiamo. Il contatto dell’abbiezione, della miseria che apparisce negli abbietti, ci deve far conoscere quell'abbiezione che in noi non apparisce, ma è quella povertà (materiale) che se anche in noi non è, può sempre essere. Conoscendo così la nostra abbiezione, e che se anche non apparisce in noi, non apparisce per la misericordia e la volontà di Dio, noi ci dobbiamo facilmente sentire abbietti, e dobbiamo trattare gli abbietti come veri nostri fratelli in abbiezione, e sperare insieme con essi la misericordia di Dio. Facendoci così partecipi della loro abiezione, possiamo facilmente usare con essi pazienza, poiché comprendiamo che le loro miserie sono o possono essere anche le nostre; e usiamo carità come con noi stessi. […].
7 dicembre 1936 - Proposito : Evitare, con la grazia di Dio, i peccati veniali.
     Proposito particolare: Non cercare di piacere a nessuno, e a nessuna, o cercando di fare bella mostra di me, o con la parola, o anche con l'umiltà stessa; ma il pensiero di non piacere a nessuno, e di piacere solo a Dio. Fare degli atti continui, che tuttavia non siano d'orgoglio, poiché bisogna sempre avere presente la propria abbiezione; né siano contro la carità del prossimo. La carità del prossimo, però, deve essere rettamente intesa, poiché non è per es. carità quella di perdere tempo in cose inutili per renderci altrui senza necessità, piacevoli, o senza utilità del prossimo. Segnare per questa settimana le cadute intorno a questo proponimento. Soprattutto cercare di non piacere a se stesso.
8 dicembre 1936 - Immacolata Concezione. Poco bene in salute, perciò non sono andato in chiesa. Ogni piccola malattia è una buona piccola grazia, e come tale ho voluto accettarla nel giorno dell'Immacolata. Proposito di esporre il Sacro Cuore, come ho fatto. Non basta esporlo, ma soprattutto onorarlo, sebbene sia già un certo onorarlo, l’esporlo in luogo centrale.
9 dicembre 1936 - Proposito: Mortificare il gusto, prendendo al mattino i biscotti in orzo senza zucchero. Questo come inizio, aspettando che il Sacro Cuore mi dia maggiore forza e lumi. Certo per essere presso il Sacro Cuore, bisogna rinunziare a certe bagattelle, come un po' di zucchero, un piccolo diletto dell'udito e simili; e si può preferire tali cose al Cuore di Gesù? Da oggi comincio a segnare quel che è detto a 7 dicembre.
10 dicembre - Proposito: Partecipare il più sovente a funzioni in onore del Sacro Cuore e dire ogni giorno 10 giaculatorie, cinque al mattino e cinque il pomeriggio (Dolce cuore del mio Gesù, fa ch'io Ti ami sempre più).
12 dicembre 1936 - Proposito: Non commettere alcun peccato veniale volontario.
14 dicembre - Proposito: Contro le dissipazioni dello spirito (non intrattenermi in pensieri inutili, occupazione inutili, discussioni).
7° anniversario della morte di Teresa! A questo anniversario più non vive la madre, ma è anzi probabile, gode in cielo. O Gesù, in te solo ormai confido. Dammi tu forza, e per amarti.
15 dicembre - Proposito: Vivere nel presente in Dio, contro ogni dissipazione dello spirito. Non occuparsi che delle cose dello spirito e in quanto all'altro di ciò che è necessario, e per quanto è necessario. Fare semplicemente senza nessuna preoccupazione ciò che deve farsi o si è stabilito di fare. Notare le cadute intorno al cercare la propria soddisfazione sia nei propri pensieri o parole o azioni. Non voler piacere di essere né a sé, né agli altri, e solo a Dio. Il notare le cadute va specificato meglio contro le leggerezze. Infatti  io devo correggermi di questo mio difetto, forse anche naturale di leggerezza, e acquistare l'abito della serietà, come si conviene a chi voglia essere veramente cristiano, e anche alla mia età. Sforzarmi dunque di essere semplice, affabile, ma non leggero, anzi duro contro ogni leggerezza. Segnare le cadute in questo difetto delle leggerezze, a cominciare da domani 16 dicembre.
16 dicembre - Proposito: Evitare ogni dissipazione; +
17 dicembre - Proposito: Idem; + + mattina
18 dicembre - Proposito: Idem. Non piacere …
19 dicembre - Proposito: Silenzio in tutto quello che può essere di nostra lode e scusa, di biasimo o accusa degli altri (S. Margherita Al.).
20 dicembre - Proposito: Fare tutto con la medesima tranquillità, come se non aveste a fare che quell'azione sola, che avete allora alle mani; e fatele tutte come se cadauna fosse l'ultima della vostra vita (S. Margherita Al.).
21 dicembre - Proposito: Siate sempre disposti a far tutto e a soffrire tutto senza dolersi mai, né credere che vi si faccia torto (S. Margherita Al.).
22 dicembre - Proposito:  Ricorrete sempre all'amore della nostra abbiezione, reputandovi felici qualora il nostro Salvatore ve ne somministrerà le occasioni (S. Margherita Al.).
23 dicembre - Proposito:  In quel che farete non cercate d'esser lodati; dite fra voi: questo non mi si deve. All'incontro quando sarete dispregiati dite: ecco appunto quello che mi conviene (S. Margherita Al.).
24 dicembre - Proposito: Mortificazione del gusto.
25 dicembre: S. Andrea d’Avellino si obbligò di contrariar sempre i propri appetiti. Proposito: contrariare in più cose i miei appetiti; almeno in questo: andare a letto alle 9 e tre quarti.
1 gennaio 1937 - Proposito: Soffrire in pace, se non con gioia, tutte le contrarietà del giorno.
2 gennaio - Proposito: Dire in ogni contrarietà ciò è bene. Infatti ogni contrarietà è bene in se stessa, in quanto è giusta riguardo a noi che la meritiamo, ed è bene perché serve a fin di bene.
4 gennaio - Proposito: Nelle contrarietà pensare alle amarezze del Sacro Cuore.
5 gennaio - Proposito: Fare tutto come per obbedienza a Dio (a nessuna delle cose che noi facciamo, dobbiamo dare importanza per sé stessa, perché nessuna cosa nostra ha importanza, e solo importa fare la volontà di Dio).
6 gennaio - Proposito: Ricordare che questo tempo è un mare procelloso e che il naviglio sicuro è il Cuore di Gesù.
7 gennaio - Proposito: In ogni contraddizione dire Gesù, fammi superare questa.
8 gennaio - Proposito: Fare tutto senza impazienza in onore del Sacro Cuore.
9 gennaio - Proposito: Star contento del pensiero del bene che ci vuole e ci fa il Cuore di Gesù. Servire Domino in laetitia.
10 gennaio - Proposito: Fiducia nel S. Cuore, senza riflessioni di inquietudini e di diffidenza sull'avvenire.
11 gennaio - Proposito: Essere pronto a tutti i propri doveri (pronto ad accogliere, a trattare benevolmente, a ubbidire e servire gli altri, a lasciare le proprie occupazioni,  ecc.) e offrirsi in tal modo qual vittima al Cuore di Gesù.
12 gennaio - Proposito: Ricordare che l'anima più umile e più disprezzata è quella che entrerà più addentro nel Cuore di Gesù. Spogliarsi d’ogni vanità nel trattare con altri.
13 gennaio - Proposito: Sbandire (mettere al bando) le riflessioni dell'amor proprio e le varie fantasie, in onore del Cuore di Gesù.
14 gennaio - Proposito: Non rifuggire le persone di soggezione o fastidiose, in onore del S. Cuore.
15 gennaio - Proposito: Vivere senza sollecitudine di alcuna cosa, in onore del S. Cuore.
16 gennaio - Proposito: Non turbarsi pei propri difetti, ma semplicemente riprendere la via, in onore del S. Cuore.
17 gennaio - Proposito: Avere un cuore umile, in onore del S. Cuore.
18 gennaio - Proposito: Sbandire dalla mente ogni pensiero di sollecitudine, facendo quel che bisogna fare e quando bisogna,  e pensando che bisogna pensare e quando bisogna, in onore del Cuore di Gesù e di Maria.
Noi ci troviamo spesso con qualche cattiva disposizione spirituale, e può essere anche dovuta alle volte a una cattiva disposizione corporale: malumore, scontentezza, pigrizia, sollecitudine, pensieri inutili, ecc. Tra tutte queste cattive disposizioni la voce del Signore ci dice che dobbiamo sbandire quel malumore, quei pensieri, per quanto è in noi. Noi non dobbiamo indurire il cuore a una tal voce, altrimenti ci abituiamo ad essere i servi dei nostri umori  e ci indeboliamo sempre più fino a perdere la volontà e la pace.
19 gennaio - Proposito: Ancorché noi non sappiamo, nei fini particolari, quale sia la volontà di Dio in riguardo a noi, noi sappiamo tuttavia la sua volontà in generale, e in mancanza della conoscenza di quella particolare, dobbiamo cercare questa generale: come non offendere in alcun modo Dio, mantenere la propria tranquillità, aver carità, ecc.
    Tuttavia abbi a obbligo di ricercare la sua volontà particolare, poiché anche il ricercare la volontà di Dio s’appartiene a quella sua volontà generale che noi sempre conosciamo. Mentre facciamo e cerchiamo questa volontà particolare, non dobbiamo preoccuparci di altro che della sua volontà generale.
     Proposito: Sbandire ogni malumore, in onore dei Cuori di Gesù e di Maria.
20 gennaio - Proposito: Troncar via ogni pensiero inutile, ogni riflessione di amor proprio, in onore della SS. Trinità.
21 gennaio - Proposito: Non fermiamoci a cercare il male negli altri, e il bene in noi, ma con naturalezza e ilarità.
22 gennaio - Proposito: Silenzio in ciò che è di nostro piacere, e in ciò che è di nostro scontento, in onore del S. Cuore.
23 gennaio - Proposito: Sbandire ogni pensiero superfluo, perché è un vuoto e una distanza tra l'anima e Dio. In onore delle Cuore amabilissimo di Gesù.
24 gennaio - Proposito: Aderire alla volontà del Signore, con l'essere pronto a fare ogni cosa secondo il dovere, in onore di Maria Santissima.
25 gennaio - Proposito: Non scusarsi, ma umiliarsi nelle colpe o difetti, in onore del Cuore di Gesù, e in espiazione da offrire all’Eterno Padre.
27 gennaio - Proposito: Non mantenere alcuna freddezza col prossimo, affinché il Cuore di Gesù non sia freddo con noi.
28 gennaio - Proposito: Supplisci, o Sacro Cuore di Gesù, alla aridità della mia anima.
30 gennaio - Proposito: Non cercare alcune stima, in onore del S. Cuore.
1 febbraio - Proposito: Dimenticarsi di se stessi, in onore delle Cuore di Gesù, dimenticarsi di sé stesso, cioè non rilevare alcuna ingiuria, fatica, contrarietà.
2 febbraio - Proposito: Non avere alcuna sollecitudine nel riconoscimento della propria nullità, e che per noi non possiamo niente. Cominciare l'orario di studio alle ore 11 e mezza.
3 febbraio - Proposito: Accettare tutte le croci che l'amore del Sacro Cuore ci manda, o per altri o per noi stessi.
4 febbraio - Proposito: Vincere le suggestioni dell'amor proprio che, sebbene con isforzo, ci sentiamo capaci di vincere. In onore dei Cuori di Gesù e di Maria.
5 febbraio - Proposito: Non turbarsi dei propri difetti poiché essi servono, secondo il disegno di Dio, a farci amare la nostra abbiezione.
6 febbraio - Proposito: Esser cieco sugli altrui difetti, per amore dei dolori del Sacro Cuore.
8 febbraio - Proposito: In ciascuna cosa non attendere ad alcun fine di plauso o di riuscita, ma all'umile servizio di Dio.
9 febbraio  - Proposito: Fare ogni cosa con pace.
11 febbraio - Proposito: Accettare volentieri ogni confessione, specie se viene dai familiari, in onore del Sacro Cuore.
12 febbraio  - Proposito: Osservanza esatta dell'orario, in onore del Cuore di Maria.
13 febbraio  - Proposito: Sostenere ogni contrarietà con dolce pazienza, in onore del S. Cuore.
14 febbraio  - Proposito: Essere dolce con tutti
15 febbraio  - Proposito: Idem. Per la rinascita delle Conferenze.
16 febbraio - Proposito: Non divagarsi a riflettere sulle proprie pene; non puntarle che il meno possibile.
18 febbraio  - Proposito: Pazienza in ogni contrarietà al proprio umore, in onore del Cuore di Maria.
19 febbraio  - Proposito: Evitare ogni (discussione), in onore del Cuore di Maria.
20 febbraio  - Proposito: Non darsi alla tristezza nelle piccole pene. Per la rinascita delle Conferenze.
21 febbraio  - Proposito: Andare a letto alle 21 e 3 quarti.
22 febbraio  - Proposito: Avere come favore ogni umiliazione.
23 febbraio  - Proposito: Non essere attaccato né alla salute, né agli onori. Per amore del S. Cuore.
24 febbraio   - Proposito: Essere semplice in onore del Divin Cuore.
25 febbraio  - Proposito: Mortificare lo spirito, dimenticando ogni amor proprio. In onore del Cuore di Maria.
26 febbraio  - Proposito: Qualunque sia lo stato in cui Dio vi ponga, non vi turbate di nulla (S. Margherita Al.).
27 febbraio - Proposito: Valersi di tutte le piccole occasioni di mortificazione e umiliazione, in onore del Sacro Cuore.
28 febbraio - Proposito: Andare a letto alle 9 e 3 quarti in onore del Sacro Cuore di Maria.
1 marzo - Proposito: Essere dolce come Gesù.
2 marzo - Proposito: Tacere, quando siete accusato.
3 marzo - Proposito: Andare a letto alle 9 e 3 quarti.
4 marzo - Proposito: Soffrir tutto con pace.
8 marzo - Proposito: Esaminare piuttosto i propri difetti, che gli altrui, in onore del Sacro Cuore. Il Rosario dinanzi al SS. per l’anima di T(eresa).
9 marzo - Proposito: Riconoscersi meritevoli delle contraddizioni. Messa, Comunione, Rosario e misericordia per Qu.
11 marzo - Proposito: Essere più fedele a Dio. Messa e comunione per Rosa.
12 marzo - Proposito: Abbassare il proprio giudizio ogni volta che se ne presenta l’occasione.
13 marzo - Proposito: Non parlare di me stesso in onore del Sacro Cuore.  Fatto dire una Messa per Teresa.
14 marzo - Proposito: Sbandire ogni riflessione di amor proprio.
15 marzo - Proposito: Amare quelli che ci contrariano in onore del S. Cuore.
16 marzo - Proposito: Riparare nel seno di Dio come un bambino senza pensiero.
17 marzo - Proposito: Andare a letto non oltre le 9 e un quarto, in onore di San Giuseppe.
18 marzo - Proposito: Idem. Messa  e Comunione in onore di san Giuseppe, per il bene della Chiesa.
28 marzo - Proposito: Non lamentarmi di nulla.
29 marzo - Proposito: Farsi violenza nelle ingratitudini.
30 marzo - Proposito: Andare a letto alle 9 e tre quarti.
31 marzo - Proposito: Detta Messa per Qu.
In omnibus operibus tuis este velox (Eccl. 31,27).
Ne dederis in tristitia cor tuum, sed repelle eam a te (Eccl. 38,21).
Tibiae et psalterium suavem facirent melodiam, et inpar utraque lingua suavis (Eccl. 40,31).
Sine consilia nihil facias, et post factum non paenitebis. 
Pratica delle beatitudini
     […] Se alcuno vive senza nulla possedere in proprietà, deve considerare i vantaggi grandi di questa condizione, la quiete dell'anima che gliene viene, l'onore di essere in qualche modo somigliante a nostro Signore e deve desiderare di mantenersi in tale stato. […] Considerare i vantaggi di tutto ciò, anche per rispetto ai pericoli della ricchezza ecc., a ciò che contro essa ha detto nostro Signore. Ancora, sentirsi felici in quello stato, e grati verso il Signore.
Messe in quest’anno: Teresa 1; D. Bettina 1; Annina 1; Rosa 1; In ringraziamento 1; Zio Pasqualino 1.
Contro l'amor proprio: Scrivere alle dieci, alle quattro, prima di andare a letto, le sconfitte, le vittorie, numerandole come mi sarà possibile, riferendomi a questo solo punto: non fermarmi affatto su ciò che mi riesce sensibile all'amor proprio, per acquistare così l'abito della indifferenza.
20 giugno: (alle 10) turbato; (alle 4) nessuna tentazione al riguardo, (alla sera) niente.
21 giugno: (alle 10)  niente; (alle 4)  niente; (alla sera) niente.
22 giugno: (alle 10)  niente; (alle 4)  turbamenti.

Conclusione

Abbiamo voluto riportare questo lungo squarcio dell’Agenda del Servo di Dio, che va dal 1 dicembre 1936 alla fine di marzo 1937, quasi come una cronaca di 4 mesi di vita interiore. Esso dimostra quale fosse la serietà e l’assiduità del suo impegno nella vita dello spirito. Abbiamo motivo di pensare che questo impegno lo abbia portato con la stessa intensità fino alla morte. Il nostro rammarico è che le Agende, in cui il Lombardi annotava questo suo impegno ascetico, non le abbiamo al completo. Tuttavia in questo squarcio è possibile enucleare i punti forti della sua spiritualità. Egli voleva conformare il suo cuore e la sua mente a Cristo, coltivando il suo interiore secondo lo spirito delle beatitudini, per avere “l'onore di essere in qualche modo somigliante a nostro Signore” (31 marzo 1937). Il combattimento contro l’amor proprio  Sbandire ogni riflessione di amor proprio” (14 marzo 1937) era costante e avveniva attraverso l’esame periodico tre volte al giorno. Al posto dell’amor proprio doveva subentrare l’amore per il Cuore di Gesù, considerato la realtà più importante della vita. Egli avrebbe voluto amare e sentire con il Cuore di Gesù. E’ il processo di identificazione con Cristo, - “Per me vivere è Cristo” (Fil.1,21) -,  il culmine della spiritualità  cristiana vissuta dal Servo di Dio. L’unione con Cristo avveniva attraverso un’intensa vita eucaristica, un continuo contatto con la Parola di Dio e una filiale devozione a Maria, in onore della quale recitava quotidianamente il rosario e compiva vari propositi (fioretti).  In onore dei Cuori di Gesù e di Maria”: questa era la motivazione di fondo che gli dava gioia nell’impegno ascetico e nelle rinunzie volontarie, accettate per la conquista della perfezione evangelica mediante l’esercizio delle virtù cristiane della fede, della speranza e della carità verso Dio e verso i fratelli. L’amore per i fratelli raggiungeva le intime fibre del suo cuore;  voleva trattarli, infatti, con la dovuta dolcezza: “Essere dolce con tutti” (14 febbraio 1937). Mentre l’amore verso Dio lo voleva vivere come abbandono filiale: “Riparare nel seno di Dio come un bambino senza pensiero” (16 marzo 1937). Risulta evidente che l’impegno ascetico era finalizzato in primo luogo al dominio di sé e dell’amor proprio, ma non si chiudeva in se stesso, perché tendeva alla pienezza dell’amore in Cristo e al trionfo del suo regno (del suo Cuore). A tale scopo egli compiva i suoi studi e le sue pubblicazioni. 
La Parola di Dio era la guida permanente di ogni sua giornata. Sul tavolo di lavoro c'era permanentemente il Novum J. C. Testamentum (Torino, Marietti, 1931). Sulla coperta di tale libro è scritto: “Sul tavolo di lavoro 8.8.50”. La scritta posta dai famigliari risale solamente a due giorni dalla scomparsa del Servo di Dio; è una conferma della centralità della Parola di Dio nella spiritualità di Antonio Lombardi. Altri due libri accompagnarono la vita spirituale di Lombardi almeno negli ultimi mesi. Un appunto di Adelaide del 19 ottobre 1950 (due mesi dopo la morte del fratello) posto sul libro Filotea antoniana (Milano, Bertarelli, 1901) recita: “Libro che Nino leggeva ogni sera da un certo tempo, prima di morire, seduto in mezzo al letto dopo spogliato fino ed oltre le 11. Trovato sul tavolo del suo studio”. Un altro volumetto L’ameno sentiero della divozione è anch'esso accompagnato da un appunto di Adelaide che riporta gli stessi argomenti del volume precedente. (Vedere: Adelaide Lombardi, Appunto, 19 ottobre 1950, in Carte Lombardi (Biblioteca diocesana di Catanzaro).
Dopo una vita intensa di riflessione e di impegno, dopo essere stato partecipe alla passione di Cristo, fino all’arsura finale della sete prima della morte, il Servo di Dio, invocando il cielo[21], abbandonato come un fanciullo nelle braccia del Padre, rese lo spirito il 6 agosto 1950. Aveva 51 anni e 8 mesi.
RIEPILOGO DEI PRINCIPALI MOMENTI CELEBRATIVI PUBBLICI DEL SERVO DI DIO DALLA MORTE AD OGGI.

a. 1954, 9 maggio: L'Azione Cattolica promosse a Catanzaro una commemorazione ufficiale in onore di Antonio Lombardi.
b. 1993, 6 ottobre - 1995, 3 giugno: Primo Sinodo diocesano del1'Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, indetto dall'Arcivescovo Mons. Antonio Cantisani. II Sinodo chiese che venisse divulgata la spiritualità di Antonio Lombardi e altri. Frutto del Sinodo fu la pubblicazione del Volume Santi tra noi, pagine 160, 1996.
c. 1996, 27-28 novembre: I1 Centro per la Cultura dell'Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, diretto da padre Nicola Criniti, organizzò il Convegno di Studi "Antonio Lombardi. Tra santità e cultura".
d. 1999, 21 settembre: L'Arcivescovo Cantisani, annunciò 1'apertura della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Antonio Lombardi.
e. 1999, 6 ottobre: Con una solenne celebrazione eucaristica fu aperta la Causa di canonizzazione e s’insediò il Tribunale ecclesiastico. Nello stesso giorno Mons. Cantisani inaugurò la biblioteca diocesana intitolandola ad "Antonio Lombardi".
f.  2001, 23 aprile: Le spoglie mortali del Servo di Dio furono collocate nella cappella della “Dormitio Virginis” della Cattedrale di Catanzaro.
f. 2011, 20 ottobre: Durante la celebrazione per l'inaugurazione del nuovo anno pastorale, l'Arcivescovo Metropolita, Mons. Vincenzo Bertolone, ha costituito un nuovo Tribunale ecclesiastico per la ripresa della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Antonio Lombardi.
Catanzaro, 5 novembre 2012.                       


[1] Paolo Ajello, Lettera, 12 giugno 1940 (Archivio Lombardi). Con Don Paolo questo può essere considerato solo un inizio. I due continueranno a lungo la loro amicizia e negli ultimi anni dell'esistenza del Lombardi realizzeranno progetti comuni nella fondazione del circolo culturale Studium e lavoreranno insieme nella gestione dell'istituto P. Rossi per i ragazzi orfani e in difficoltà familiari, di cui il Lombardi sarà Presidente. Una parte del patrimonio librario di Don Paolo, per volontà dell'erede, si trova ora nella Biblioteca arcivescovile, accanto ai libri del maestro.
[2] Domenico Vero, Il percorso storico e culturale della testimonianza di A. L. , in A. L. tra santità e cultura, Atti del convegno, 27 28 novembre 1996, Catanzaro, Vivarium, 1998, p. 17-39.
[3] Atto di fondazione del nuovo circolo di cultura Studium, 12 aprile 1949, (Fondo Lombardi).
[4] A. Lombardi, Agenda 1 agosto 1932-19 agosto 1932, p. 24, (Archivio Lombardi).
[5] A. Lombardi, Agenda 18 settembre 1937-7 gennaio 1938, p. 2-3, (Archivio Lombardi).
[6] Si tratta di Fichte, Dottrina della scienza, tradotta da Adriano Tilgher, Bari, Laterza, 1910.
[7] Tessera N. 552 (dal 15 ottobre 1941 al 15 giugno 1942), riportata tra i Documenti in questa Relazione storica.
[8] La sorella si riferisce alla profondità della vita spirituale del fratello e alla sua riservatezza. Questo suo schermirsi da ogni notorietà lo si comprende come atto di umiltà. Nelle Agende leggiamo tanti propositi in cui il Lombardi parla di obblio, di nascondimento e di amore per i disprezzi, alla luce di Gesù, che si è fatto povero e umile.
[9] La donna era Antonietta di Sersale, che è vissuta tutta la vita in famiglia Lombardi.
[10] A. Lombardi, Il materialismo, l’evoluzionismo, le religioni, opera inedita, 3.
[11] Cfr. Raffaele Gentile, Antonio Lombardi…, 1995, 23. Proposito del 13 novembre 1937 (Agenda)
[12] Ibidem, 24.
[13] A. Lombardi, Da Platone a Stalin, 201-202
[14] Questo appunto è uno dei rari scritti in cui il Lombardi fa un cenno del suo padre spirituale.
[15] Ibidem, 200-201.
[16] Padre Francesco Caruso, nato a Gasperina (CZ), il 7 dicembre 1879, è stato ordinato sacerdote il 19 aprile 1908. Svolse il suo primo ministero come parroco di Sellia. Pochi anni dopo fu nominato parroco della Stella in Catanzaro e nella stessa città ricoprì anche l'ufficio di direttore e padre spirituale del Seminario Arcivescovile, di confessore del Seminario Maggiore San Pio X e di canonico penitenziere della Cattedrale. È stato anche il fondatore della Casa dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria a Catanzaro per l'assistenza ai ragazzi orfani. Guidò spiritualmente il clero della Calabria di tutto il secolo 20º. Fu ricercato confessore e guida spirituale di tante anime elette. La diocesi di Catanzaro-Squillace ha concluso l'inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione. Don Paolo Aiello ricorda che assieme all’amico Antonio Lombardi andavano a visitare il loro padre spirituale, padre Francesco Caruso.
[17] A pag. 149-151.
[18] Allusione autobiografica?!
[19] A. Lombardi, La filosofia di Benedetto Croce, Roma 1946, 5-8.
[20] A pag. 159-161
[21]  Così narra la morte del fratello la sorella Adelaide (Cfr. Relazione  Storica D, XV,10).