venerdì 3 maggio 2013

14. LETTERA-TESTIMONIANZA DI DON PAOLO AIELLO SU ANTONIO



    Catanzaro, 28 novembre1965
Eccellenza Rev.ma, Le chiedo, innanzitutto, scuse vivissime per la mia mancata risposta alle sue calde e insistenti richieste di notizie intorno al Sac. Padre Caruso Francesco. Le posso attestare che Egli fu mio confessore e direttore spirituale, maestro sicuro, carico di esperienza ascetica e mistica, quotidianamente provato e saggiato dallo “stimulus” paolino; uomo, costantemente comprensivo dei limiti e delle cedevolezze umani, fiducioso nell’inesauribile capacità di ripresa dell’adolescente e del giovine. Non gli sfuggiva né lo sviluppo delle passioni, né il gioco degli istinti, né la voce e l’espressione dei sensi: verso il mondo istintivo aveva comprensione serena e positiva, mai indulgenza che confondesse la linea demarcante tra bene e male. Il “si si”, il “no no” evangelico non gli impediva l’intelligenza delle innumerevoli posizioni intermedie, nel cui ballottaggio si svolge l’animo dell’uomo. Posso dire che devo a lui il mio sacerdozio; non sarei sacerdote, oggi, senza la guida di lui; nel 1938, a chiusura d’anno scolastico, concludendosi per me il corso liceale al seminario regionale Pio XI di Reggio Calabria, sfociai nell’ateismo, perché subii il fascino della filosofia gentiliana. Mi convinsi, a mio modo, che Dio non esistesse, o per lo meno che Dio non fosse come lo poneva la concezione cattolica. Si aggiunga la debole, impari difesa di Dio del testo e del professore del tempo, di fronte alle audaci posizioni suasive dell’attualismo di Giovanni Gentile e dello storicismo assoluto di B. Croce, e allora si comprende come io, per errore di prospettazione e di centralizzazione del problema di Dio, mi allontanai dal Dio cattolicamente inteso e debolmente “presentato” dall’insegnamento, fatto facilonisticamente, cioè senza neppur l’ombra dell’avvertenza di un necessario apparato critico. All’insegnante del tempo, se non mancò la volontà di difesa di Dio, filosoficamente, venne meno l’esigenza dello studio critico. Pertanto, fui espulso dal seminario, come ateo, dal Rettore P. Pedàce, gesuita, d’accordo e d’intesa con l’arcivescovo Mons. Giovanni Fiorentini. Prima dell’espulsione, per due mesi fui isolato per non turbare la serenità spirituale dei miei compagni, la maggior parte personalmente impegnata nel dubbio di Dio, e stetti solo in una stanza, senza vivere più la vita di camerata. Il mio padre spirituale, venuto a conoscenza della mia crisi, stette muto in un atteggiamento di silenzio rispettosissimo delle mie nuove posizioni. Mi raccomandò solo “sincerità con me stesso ed onestà intellettuale nell’indagine”. Non tornando più in seminario, mantenni con lui un carteggio epistolare che è andato smarrito. Ascoltando le voci dell’orgoglio, non scrissi più e chiesi, a titolo di curiosità, di avere dei colloqui, che divennero frequenti, con il Rettore del “Pio X” Padre Iollain, polacco. Conobbi, poi, il filosofo convertito, Antonio Lombardi, autore di poderosi libri, autorevoli nel campo della speculazione. Riammesso al seminario regionale di Catanzaro per il corso teologico, dopo il permesso chiesto ed ottenuto dal Dicastero competente di Roma, in via delicata e cauta, fui continuamente seguito dal filosofo Lombardi e dal padre Caruso, che in giorni diversi avevano la bontà di salire dalla città per venirmi a trovare. Dopo l’incendio che distrusse totalmente il Seminario, passai di nuovo al Regionale di Reggio: qui si fecero più rade le occasioni di dialogo con il mio padre spirituale, Caruso, ma vennero supplite dai colloqui con l’Arcivescovo Enrico Montalbetti, mio secondo direttore spirituale. Non avvertii nessun brusco passaggio, perché, seppur in forma diversa, sostanzialmente la linea Caruso collimava con quella del sullodato Arcivescovo di santa memoria. Presi messa il 13 giugno 1943, domenica di pentecoste. Era presente padre Caruso, che, subito dopo la mia ordinazione, mi presentò alcune signore dell’ “Opus Vocationum”, sconosciute anime apostoliche, impegnate nella silenziosa opera soccorritrice delle vocazioni dei giovani economicamente disagiati. Continuai, dopo, da sacerdote a confessarmi con lui. Andavamo a trovarlo, dopo la guerra, all’Istituto delle Ancelle del buon pastore, nella solitaria dimora dell’altipiano di Pontepiccolo, col filosofo Lombardi ed altri amici (questi ultimi, pochi, ma inquieti e incerti spiritualmente). Non si andava per fargli visita, ma perché se ne aveva bisogno: e vi si andava singolarmente e privatamente, spinti ognuno dai propri bisogni dell’anima. Ricordo che una volta - io già sacerdote - Padre Caruso mi chiese di ascoltare la sua confessione. Ma io mi rifiutai decisamente, diventando rosso e pallido. Ma egli insistette persuadendomi che io, rifiutando, indulgevo all’orgoglio. E così ascoltai la confessione di lui: mi sentii confuso, ma ebbi la fortuna di sapere come vivono davvero gli uomini degni e santi: ne tornai rifatto. Credo che uno dei tanti mezzi, rari, per essere meno cattivo sia quello di confessare un “santo”. Inchiodato al confessionale, egli recuperava a Cristo ora la mente ora il cuore, ora il sentimento, ora la fiducia. Sebbene cagionevole di salute, tuttavia non faceva pesare ad alcuno i suoi malesseri che non gli lasciavano mai un momento di quiete o di pausa. Devo a lui la mia sanità fisica del mio organismo, perché con denaro suo e con le maniere più belle mi forniva i più indicati rimedi terapeutici, come i fermenti lattici , altri ricostituenti ecc…..  È impossibile dire della sua preoccupazione della salute del corpo e dell’anima dei suoi diretti spirituali.  Come dimenticare la sua presenza, dopo pranzo, in mezzo a noi ginnasiali!... Ricordo ancora benino il gioco degli scacchi, imparato da lui; nelle varie perdite, nei vari movimenti, nelle vittorie intercalava un’idea, un’alta idea di bene, così, giocando. Oggi non gioco più a scacchi o ai birilli: non c’è più lui. Quanto sarebbe bello giocare, specie coi santi. Io chiedo scusa e perdono. Mi creda, dev.mo Sacerdote penitenziere.
P.S. Ci sono molte altre cose. Ma chi ha il tempo! Me le porterò con me nell’aldilà!

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